Spreco: dopo la legge Gadda

Se da una parte le promozioni delle grandi catene di distribuzione incentivano gli acquisti che finiscono nella voragine dello spreco, dall’altra esiste una legge che vuole ridurre il fenomeno favorendo le donazioni dell’invenduto.

Lo spreco

Il sistema agroalimentare conta perdite lungo tutta la filiera; perdite che ammontano in tutta Europa a circa 88 milioni di tonnellate di cibo l’anno. Cibo che da settembre 2017 dovrebbe essere più semplice recuperare e donare a chi ne ha bisogno. La legge Gadda, infatti, ha l’obiettivo di ridurre lo spreco alimentare favorendo al contempo le donazioni. Mentre fino a qualche tempo fa un supermercato che voleva donare gli esuberi doveva necessariamente scontrarsi con la giungla normativa, oggi la nuova legge dovrebbe agevolare i processi e snellire la burocrazia. Solo nel primo mese di vita della nuova legge le telefonate di richiesta infomrzioni su come procedere per le donazioni si sono triplicate. Le imprese, infatti, stanno cercando di inserire le donazioni nei propri processi organizzativi.

L’attenzione europea allo spreco

Non solo le grandi imprese, ma l’agenda politica internazionale ha acceso i riflettori sul problema dello spreco alimentare. Onu e Unione europea hanno fissato quale data entro cui diminuire drasticamente le perdite il 2030. L’Italia, dal canto suo, è tra le prime ad aver sviluppato una normativa interna, che non prevede però sanzioni a differenza di quella francese. Secondo Andrea Segrè, professore di Politica agraria all’università di Bologna, il problema è ancora presente e si autoalimenta. La normativa facilita chi già donava, mentre resta molto da fare per le piccole realtà di distribuzione. Probabilmente tutto dovrebbe partire da un lavoro culturale approfondito su tutte queste piccole realtà che poco sanno su come gestire gli eccessi e sulle realtà che accoglierebbero volentieri i loro prodotti invenduti. Oggi il problema è, inoltre, aggravato anche dalla crisi economica che spinge i consumatori a gettarsi su offerte  e promozioni di ogni genere che portano, piuttosto che al risparmio, verso la voragine dello spreco. Se da un canto l’Europa spinge verso una soluzione al problema, è anche vero che lo scorso giugno la Commissione ha sottolineato alcune problematiche: assenza di numeri e misurazioni chiare del fenomeno. La mancanza di strumenti di monitoraggio vale anche per l’Italia, dove non sono stati individuati target di riduzione, nè è stata prevista una pianificazione regionale e comunale. La soluzione potrebbe arrivare dagli stessi Comuni, come ad esempio una riduzione della tassa sui rifiuti per premiare chi agevola il recupero e di conseguenza abbatte la percentuale di rifiuti. Altro problema locale da risolvere è la resenza di volontari, furgoni, frigoriferi e bolle per gestire al meglio il ritiro e la conseguente distribuzione.

Il dopo Legge Gadda – n°166/2016

Da quando è in vigore la legge Gadda non vi sono dati certi sulla sua efficacia, perchè ancora non è stato fatto il tavolo ministeriale che dovrebbe occuparsi della misurazione del recupero. Le stime che si hanno al momento sono diverse, anche relative al ruolo dei diversi settori della filiera. In questo modo è difficile capire dove sia necessario intervenire. Se è vero che sono i consumatori quelli che sprecano maggiormente, è altrettanto vero che il 57% delle eccedenze si genera a monte della filiera, secondo i dati del Politecnico di Milano. La lotta allo spreco alimentare non può prescindere da un consumo critico. Laddove si accorcia la filiera, diminuiscono gli sprechi; educandoci ad un consumo diverso e coscenzioso potremmo andare oltre lo spreco alimentare e coinvolgere la comunità in un impiego intelligente delle risorse alimentari.